Salve a tutti e soprattutto BUON ANNO!!!Questo è il primo post del nuovo anno e voglio iniziarlo raccontando un'esperienza che ho vissuto il penultimo giorno di questo strano 2014. ..un anno ricco di emozioni estremamente contrastanti che non poteva non concludersi con un episodio dalle stesse caratteristiche. Con questo post inauguro una nuova pagina del blog che ho deciso di intitolare "Pensieri e parole " , una pagina senza un obiettivo specifico se non quello di buttare giù pensieri ed emozioni. Comincio da qui...dal raccontarvi la mia giornata al carcere femminile di Pozzuoli.
Qualche tempo fa una collega aveva chiesto la mia disponibilità a partecipare al pranzo che stava organizzando con la Comunità di Sant'Egidio presso il carcere di Pozzuoli. Ho quasi subito detto di si! Dai tempi dell'università, in cui un prof mi aveva incantato con i suoi racconti di lezioni in carcere, era un'esperienza che avrei sempre voluto fare ma non ne avevo mai avuto la possibilità ...così questa volta non potevo sottrarmi.
La mia giornata è iniziata così : ore 10:40 mi arriva la chiamata della mia collega che mi dice " allora ci raggiungi? Appuntamento alle 11 fuori al carcere " . Cavolo ero in tuta...mi sono vestita in un batti baleno, ma nonstante tutto non sono riuscita a raggiungere Pozzuoli prima delle 11:45. Ovviamente non c'era nessuno ad aspettarmi, quindi facendo ricorso a tutta la mia forza ho vinto la mia naturale insicurezza ed ho bussato alle porte del carcere. Il portone si apre e vengo accolta dalla polizia penitenziaria. Prendono i documenti, controllano la presenza del mio nome sull'elenco delle persone autorizzate ad entrare, fanno depositare tutti gli oggetti in armadietti blindati e mi accompagnano alla sala teatro.
Li', entrando, cerco con lo sguardo la mia collega, ma vengo rapita dall'allestimento della sala : piena atmosfera natalizia, tavoli con tovaglie rosse, candele e vischio come centrotavola, sembrava di essere a casa.
Per me è stata una meraviglia, se non fosse stato per la presenza degli agenti non ci sarebbe stata differenza con il salone di una parrocchia, di un locale o di qualunque altro posto libero del mondo.
Dopo le presentazioni, il briefing in cui ci vengono fornite tutte le raccomandazioni sul comportamento da tenere nei confronti delle detenute, oguna di noi si reca alla postazione assegnatale. Seduta non faccio altro che guardarmi intorno e aspetto con un pò di agitazione l'inizio del pranzo.
Ore 12:50 le prime detenute iniziano ad entrare in sala. Noi avevamo disposizione di restare seduti e loro entrano con lo sguardo imbarazzato. Mi colpisce il senso di disagio che leggo nei loro occhi, si sentono osservate, forse temono il nostro giudizio. Hanno fatto di tutto per essere all'altezza della situazione. Molte si aggiustano gli abiti, i capelli. Si sono preparate per l'occasione, ne sono certa. Non sanno bene cosa succederà. Qualcuna inizia a parlare con alcune volontarie sedute ai tavoli. Le più sicure parlano delle loro storie, dei figli che non hanno vicino, piangono, altre raccontano della tombolata a cui hanno partecipato l'anno precedente, altre ancora chiacchierano con noi come se ci conoscessimo da una vita. Pian piano la sala si riempie. La cosa che mi meraviglia è la gioia che molte hanno nel vedere alcune compagne. ..chiedono di poter sedere una accanto all'altra, si abbracciano forte. Abbracci che vengono prontamente interrotti dagli agenti, donne anch'esse, con la responsabilità di mantenere l'ordine. Sono quotidianamente a pochi metri di distanza fra loro ma non possono incontrarsi, non possono abbracciarsi. Che c'è di male in un abbraccio? ??Non riesco a capirlo, sono logiche che non mi appartengono. Io vedo solo donne che sono lì, che stanno pagando per errori che certamente hanno commesso ma che restano donne. Non avrei mai immaginato di pensare ad un "colpevole" con tanta umanità. Io, come tanti, sono portata a giudicare chi ha sbagliato, ma lì riuscivo solo a vedere delle donne.
Il pranzo è iniziato. ..ho conosciuto le ospiti del mio tavolo...due erano poco più che ventenni, esuberanti, con tanta energia da dare al mondo, potevano essere delle mie alunne e invece erano lì. Man mano l' atmosfera si è distesa...ogni tanto gli agenti mettevano in riga le più "indisciplinate" e ben quattro sono state convocate per un " consiglio di disciplina " "a rapporto ". Frasi che si sentono nei film e che dal vivo fanno molta meno scena. Nonostante questi piccoli incidenti di percorso, il pranzo è andato avanti con molta serenità. Il momento più emozionante è stato verso la fine. Un volontario ha intonato le più famose canzoni della tradizione napoletana e lì la gioia ha invaso la sala. Si battevano le mani a tempo di musica, si cantava tutte insieme e qualcuna ha tentato anche di ballare. Solo un accenno anche questo interrotto bruscamente dall'intervento degli agenti. Dal palco è intervenuto il parroco accolto da grandi applausi e cori da stadio delle detenute che lo adorano. Per loro è un papà, è il loro contatto con il mondo, è la speranza. Una ragazza africana chiede la parola e, dal palco, ringrazia commosa tutti noi per quello che abbiamo fatto...per noi nulla, per loro tutto. Viene letto il messaggio di papa Francesco per le detenute del carcere di Rebibbia, molte si commuovono ed io con loro.
Ultima sorpesa della serata: arriva scampanellando Babbo Natale con un dono per ciascuna di loro. Non doni dati a caso, ogni pacchetto portava un biglietto con sopra scritto il nome della persone cui era destinato. Un gesto di grande umanità. Siamo giunti al momento del brindisi, forse quello più atteso dalle ragazze. Spumanti stappati come su una nave da crociera. I camerieri, cioè noi, ognuno al proprio tavolo ad offrire le bollicine alle nostre ospiti. "Mi raccomando non più di due dita a testa", "mi raccomando niente bis". Beh questa volta non ho rispettato gli ordini perché mai avevo visto delle persone gioire a quel modo per un sorso di spumante e per giunta scadente. Non è lo spumante, non sono i cannelloni o il pandoro quello che a loro manca ma la possibilità di decidere cosa fare e quel bicchiere un pò più pieno ha dato loro un attimo di libertà. La giornata è terminata, è giunto il momento di tornare in cella.
Gli agenti ci allontanano dai tavoli, mando un bacio alle mie ragazze. Escono ordinatamente a piccoli gruppi, così come viene loro indicato. Escono tra i nosrri applausi e...colpo di scena le mie rompono le righe e corrono ad abbracciarmi. Un abbraccio che mi ha scaldato il cuore...Lo so hanno sbagliato...sono lì per pagare responsabilmente le loro colpe. È giusto così, ma è altrettanto giusto non dimenticare che sono donne e che hanno diritto ad una seconda possibilità. Questa giornata la porterò sempre nel cuore e spero di poter rivivere emozioni così ancora una volta. Buon 2015 a tutti voi.
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